UNA SCANDALOSA PROPAGANDA

18 agosto 2023

 

 

 

Nel sito web del JRC (Joint Research Centre, il servizio per la ricerca e il sapere, della Commissione Europea) possiamo osservare una pagina dedicata ai rapporti tra clima e mortalità.

 

(https://joint-research-centre.ec.europa.eu/peseta-projects/jrc-peseta-iv/human-mortality-extreme-heat-and-cold_en)

 

Nel titolo si parla di caldo e freddo, ma la figura ad esso sottostante chiarisce subito dove si andrà a parare; si vede infatti una Parigi quasi infuocata, che evidentemente trasmette l’idea di temperature altissime. Subito sotto appare una tabella che mostra le nefaste conseguenze – stimate secondo il modello utilizzato – che si prevedono in funzione dei livelli cui potrebbe arrivare il riscaldamento del clima; conseguenze in termini sia di quantità di popolazione coinvolta, sia di numero di decessi.

 

Scendendo ancora di poco nel documento, come conclusione si trova una figura ove, con una sorta di cerchi concentrici colorati, sono enfatizzati alcuni dei numeri già presentati nella tabella prima citata.

 

Tutto molto suggestivo, ma una domanda pare lecita: dov’è finita la mortalità procurata dal freddo, di cui al titolo? Boh, nemmeno un misero cenno, così da convincere qualunque lettore non troppo esperto sull’argomento del fatto che l’unico (e gravissimo) problema è quello causato dal calore.

 

Per capire bene come stavano le cose, ho allora scaricato i due documenti del JRC, sui contenuti dei quali si fondano le informazioni sopra discusse (si tratta di un documento tecnico e uno più divulgativo). Finalmente sono apparsi dei dati sugli effetti delle ondate di freddo, ma il loro ammontare lascia stupefatti.

 

Considerando che i numeri sono riferiti alla Comunità Europea e al Regno Unito (approssimativamente 515 milioni di abitanti e 6 milioni di decessi/anno), le 80 vittime annue, oggi mediamente procurate dalle ondate di freddo, appaiono come un quantitativo meno che risibile; in pratica, niente. In termini assoluti, anche i valori relativi alle ondate di caldo sono assai bassi, ma comunque molto più elevati di quelli del freddo: ben 33 volte superiori nella situazione attuale.

 

Un quadro che lascia sbigottiti, quando si faccia un paragone con le numerose e concordanti risultanze scientifiche su questi argomenti. In proposito, credo sia esaustivo citare il seguente lavoro, uscito su Lancet nel marzo 2023.

 

Su una popolazione complessiva di 205 milioni di abitanti delle 854 città esaminate – pari cioè a un 40% del totale dell’Europa-28 – i decessi annui attribuiti al clima sono stimati in 224 mila, con un rapporto di 10 a 1 a favore del freddo sul caldo. Insomma, qualcosa di distante anni luce dai contenuti dei rapporti del JRC.

 

È inevitabile allora domandarsi da cosa possa scaturire una simile ciclopica discrepanza. La risposta va ricercata nella fonte dei dati utilizzata dal JRC: non hanno fatto ricorso alle statistiche Eurostat, ma all’archivio EM-DAT dei disastri, gestito dall’università belga di Lovanio. Per capirsi, è l’archivio di riferimento del vergognoso Atlante dei disastri climatici, pubblicato dal WMO, già in due edizioni (si spera che non ne seguano altre).

 

Per andare a fondo della questione, mi sono registrato sul sito di EM-DAT, così da poter accedere ai loro dati. Per avere degli esempi significativi, ho scaricato due file Excel con l’elenco dei disastri in Europa: uno per il 2003 (estate caldissima) e uno per il 2012 (grande ondata di freddo in febbraio). Nel primo ho selezionato gli eventi indicati come “heat wave”, nel secondo quelli definiti “cold wave”; ecco i risultati.

 

·      Nel 2003, 12 segnalazioni per il caldo. Totale dei decessi = oltre 68 MILA.

 

·      Nel 2012, 11 segnalazioni per il freddo. Totale dei decessi = 78 (sì, non è un refuso, il “mila” non c’è).

 

Di fronte a questi numeri ogni discussione è quasi superflua: l’archivio è un evidente coacervo di informazioni non organizzate e del tutto disomogenee, che non possono essere utilizzate per valutazioni scientifiche complessive. Chi lo fa, agisce sapendo di arrivare a risultati ben lontani dalla realtà e pertanto col solo scopo di confondere le idee dell’opinione pubblica. In proposito, vale la pena di ricordare che le statistiche demografiche di Eurostat ci dicono che nel bimestre febbraio-marzo 2012 i decessi nell’Europa-28 sono stati superiori di oltre 85 mila unità, rispetto alla media dei quattro anni precedenti; in un simile (e indiscutibile) contesto, fare qualunque considerazione partendo dal dato sopra indicato (78 decessi totali per l’ondata di freddo) dimostrerebbe inequivocabilmente la volontà di propagandare un messaggio del tutto falso e fuorviante.

 

Senza dubbio, gli esperti del JRC conoscono la bibliografia di settore, per cui è inevitabile che si siano posti il problema di trovare un modo per “conciliare” le loro conclusioni con le risultanze scientifiche di svariati studi pubblicati anche in anni recenti. Hanno pensato di risolvere la questione con un paragrafino (vedi sotto) nel quale si prova a distinguere, sia per il caldo che per il freddo, fra temperature estreme e non; il tutto naturalmente senza l’ombra di un numero e quindi con semplici discorsi di genere qualitativo.

 

Nell’ultima frase si trova l’unico cenno alla prevalenza delle morti da freddo (senza quantificare, per carità!), arrivando a una conclusione che – quando confrontata con l’allarmistico materiale divulgativo riportato nel presente post – genera una sana ilarità: «non è chiaro quale sarà l’effetto netto del cambiamento climatico sulla mortalità correlata alle temperature». Comunque, nessun ostacolo all’informazione voluta, perché nella pagina web non si fa alcun cenno di tutto ciò e con la certezza poi che, tra i pochi eventuali lettori dei Report, difficilmente si farà caso alle contraddizioni che ho evidenziato.

 

Di errori e/o esagerazioni nel dibattito sul clima ce n’è una quantità enorme; ciò che preoccupa però, in casi come quello in esame, è il contesto in cui si svolge. Il JRC è un ente pubblico, a carico quindi della comunità dei cittadini europei, che ha (avrebbe?) il compito di fornire ai decisori politici le opportune basi scientifiche per effettuare le scelte più idonee al nostro progresso futuro. È evidente invece un’azione di tipo propagandistico, volta a consolidare nel pubblico l’idea di crisi incombente.

 

Viene da chiedersi se enti quali il JRC spingano di propria iniziativa verso il catastrofismo (un atteggiamento che ovviamente garantisce visibilità e condivisione), oppure se siano in qualche modo stimolati dall’alto ad agire in tale direzione, in un circolo vizioso che consolida certe idee ufficiali, allontanandosi però sempre più da un corretto approccio razionale.

 

Siamo ormai arrivati al punto che taluni integerrimi difensori delle tesi mainstream parlano di “complotto negazionista” a proposito di posizioni non allineate ad esse; nella questione in oggetto, siamo allora in presenza di un “complotto affermazionista” ?