Migranti climatici italiani, ma a corto raggio

14 ottobre 2022

 

Ormai è un coro unanime quello che grida alle conseguenze catastrofiche che il Belpaese starebbe subendo, a causa dei cambiamenti climatici; una questione riassumibile nella frase: «l’Italia è flagellata da alluvioni e siccità».

In una simile situazione, non c’è quindi da meravigliarsi se anche una parte dei nostri connazionali – prostrata da ripetuti fatti calamitosi – finirà per unirsi alla schiera di quei “migranti climatici”, di cui si parla da vari anni. Il problema sarà però quello di individuare una regione geografica nella quale spostarsi, per evitare il disastro. Un cittadino italiano terrorizzato (CIT) potrebbe così chiedere lumi in proposito a un esperto di clima (EC).

CIT – Esiste qualche zona del Pianeta dove potremmo salvarci?

EC – Direi proprio di sì; ad esempio, una è vicinissima: la Svizzera.

CIT – Ma come! Ho letto che un sondaggio piuttosto recente ha evidenziato che la stragrande maggioranza degli elvetici è preoccupata per il continuo aumento degli eventi meteorologici estremi.

EC – Preoccupati sì, ma solo grazie alla martellante “propaganda” sulla crisi climatica, perché i dati scientifici evidenziano un quadro totalmente diverso, che non giustificherebbe affatto i timori palesati. Si badi bene che la Svizzera ha un ente federale (MeteoSvizzera) che cura anche delle serie storiche di grandezze meteorologiche (con rilevazioni giornaliere a partire dal 1864) che vengono progressivamente controllate dai loro esperti. I grafici che mostro sono liberamente disponibili sul sito web di MeteoSvizzera e sono relativi a una di tali serie, quella di Lugano.

EC – Questo è il classico parametro internazionalmente utilizzato per descrivere l’andamento dell’entità degli eventi pluviometrici estremi. La serie è palesemente stazionaria e presenta il suo valore eccezionale (263 mm) nel 1911, cioè a oltre un secolo di distanza dall’oggi.

EC – Questo è il parametro utilizzato per descrivere l’andamento dell’entità degli eventi pluviometrici estremi prolungati. La serie, con livello di confidenza del 96%, è decrescente, indicando così una riduzione del pericolo dei fenomeni rappresentati. I valori eccezionali (superiori ai 350 mm) competono a un periodo lontanissimo dall’attuale.

EC – Il parametro serve, come ovvio, a quantificare la frequenza degli eventi di una certa intensità. La serie è perfettamente stazionaria ed ha il suo massimo assoluto nel 1960.

EC – Come ben intuibile questo è un classico parametro utilizzato per rappresentare l’incidenza dei periodi siccitosi. La serie ha un trend lineare negativo, ma privo di significatività statistica.

 

CIT – Dire che io sia sorpreso è riduttivo: non c’è neanche una minima traccia di quei cambiamenti drastici che tutti considerano come già avvenuti.

EC – In effetti, in oltre un secolo e mezzo per la pluviometria non è cambiato proprio nulla, nonostante che le temperature siano aumentate in modo consistente. Osservando sul sito di MeteoSvizzera i diagrammi di Berna, Zurigo e Ginevra, si constata che anch’essi confermano sostanzialmente il quadro emerso dall’esame di quelli di Lugano.

CIT – Considerando i risultati del sondaggio prima citato, mi chiedo se i responsabili di MeteoSvizzera si siano preoccupati di informare correttamente i propri connazionali in merito al fatto che i diffusi timori sull’aumento degli eventi estremi nel loro paese non hanno alcuna base reale.

EC – Non ci pensano nemmeno! Sarebbero immediatamente inseriti nella lista nera dei negazionisti! Per far parte delle fila degli scienziati che lottano contro la crisi climatica, certi dati non devono essere mostrati nel dibattito pubblico.

CIT – Comunque ciò che ho appreso mi ha rincuorato: il clima in Svizzera non è impazzito, per cui, se noi italiani continueremo a essere martellati da nubifragi, tempeste e siccità, potremo pensare di trasferirci nella vicina federazione.