L’archivio SCIA dell’Ispra: un coacervo di dati climatici spesso assurdi e perciò inutilizzabili
12 settembre 2022
Chi ha avuto la pazienza di leggere qualcuno dei miei scritti (sia divulgativi che scientifici) è assai probabile che si sia accorto delle frequenti segnalazioni che ho più volte fatto, in merito alla disastrosa situazione dei dati climatici italiani.
In tempi abbastanza recenti, l’Ispra ha creato un archivio online che dovrebbe sopperire alle storiche difficoltà di reperimento di informazioni sulle grandezze del clima in Italia.
Nella pagina di presentazione del sistema, si dice:
“SCIA è il sistema nazionale per la raccolta, elaborazione e diffusione di dati climatici, realizzato dall’ISPRA (già ANPA e poi APAT) e alimentato in collaborazione e con i dati degli organismi elencati sulla homepage. Esso risponde all'esigenza di armonizzare e standardizzare i metodi di elaborazione e rendere disponibili i dati, gli indici e gli indicatori utili alla rappresentazione e alla valutazione dello stato, delle variazioni e delle tendenze del clima in Italia.
In base alle serie temporali di osservazioni provenienti da diverse reti di monitoraggio, vengono calcolati e rappresentati i valori statistici decadali, mensili e annuali delle principali variabili meteoclimatiche.
Le serie di dati climatici vengono sottoposte a controlli di validità con metodologie omogenee, secondo le linee guida dettate dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO).
Attraverso il sito web è possibile visualizzare sotto forma di tabelle, grafici, mappe e scaricare su file di testo, gran parte dei dati e degli indici elaborati attraverso il sistema.
D’intesa con il Rappresentante Permanente presso la WMO, dati e prodotti climatici nazionali derivati dal sistema SCIA vengono trasmessi regolarmente e inclusi nei Bollettini e nelle pubblicazioni periodiche della WMO sullo stato e le variazioni del clima a scala globale e continentale”.
Tutto ciò è inevitabile che suggerisca all’utilizzatore non sufficientemente esperto la sensazione di aver a che a fare con qualcosa di davvero affidabile, dal quale ricavare delle statistiche di carattere “ufficiale”. In realtà, l’archivio SCIA risulta essere un contenitore di dati spesso così sballati da far sorgere dei dubbi sull’effettiva utilità di tutto il sistema. In questi giorni ho fatto alcune verifiche, trovando situazioni allucinanti che contrastano in modo stridente con l’affermazione di un’avvenuta validazione delle serie; di seguito ne riporterò un paio di esempi.
La figura di sopra è uno screenshot della carta interattiva del sito, nella quale si può cliccare sulla stazione scelta, per ottenere il grafico desiderato e da esso poi anche la relativa tabella dei valori. Ho evidenziato due località che ho posto a confronto (sono a soli 4 km circa di distanza); per precisione, una è indicata come Alghero 165200 (Sinottica), l’altra come Fertilia 20201 (Idrografica). I diagrammi delle piogge giornaliere per l’intervallo 1985-1993 sono quelli sotto riportati; si noti che, essendo in presenza di scale verticali molto diverse tra loro, ho segnalato i livelli di 60 e di 100 mm, onde facilitare la lettura e quindi il raffronto degli andamenti.
Parlare di differenze è oggettivamente riduttivo, perché il grafico di Alghero contiene dei valori di pura fantascienza: 12 eventi superiori ai 100 mm, mentre nella stazione vicina il limite superiore è stato di 60 mm. Si consideri che in pianura, 100 mm in un giorno sarebbero un quantitativo enorme per la Sardegna; 12 volte in nove anni, perciò, qualcosa di certamente impossibile.
Fra i misteriosi dati estremi (si veda la tabella che ho aggiunto nella prima delle due figure), spicca il massimo assoluto di 198,9 mm che si sarebbero realizzati il 30 luglio del 1992. Considerate le caratteristiche climatiche dell’estate della regione in oggetto, si tratterebbe di un qualcosa di incredibile, che forse meriterebbe una pubblicazione ad hoc. Peccato però che sia una pioggia inesistente, come dimostrato dalla lettura dell’Annale Idrologico 1992 del comparto di Cagliari: in tutto il periodo che va dal 17 luglio al 9 agosto di quell’estate non risulta alcuna goccia d’acqua nelle quattro stazioni che ricadono nella zona di cui ci stiamo occupando (Alghero, Fertilia, Olmedo e Putifigari).
Trovandosi di fronte ad assurdità di tale genere, è automatico porsi queste domande:
· In che modo possono originarsi dei dati così sballati?
· Chi li trasmette agli archivi generali?
· Come è possibile che certe serie storiche prive di senso rimangano per lungo tempo nelle banche-dati, senza che alcuno si accorga dell’illogicità dei loro contenuti?
Il secondo esempio che ho scelto è parimenti valido per capire quale sia il caos delle informazioni climatiche nell'archivio dell'Ispra.
Il sistema consente di scaricare i dati giornalieri di alcuni parametri, oppure quelli aggregati per mese o per anno. Per la stazione di Milano Linate – 160800 (Sinottica) ho provato a verificare la congruenza della serie dei valori giornalieri con quelli della serie dei dati annuali. La successiva tabella presenta, per l’intervallo 1991-1997, il relativo raffronto riferito ai cumulati totali annui; è quasi superfluo dire che sarebbe ovvio attendersi che le somme anno per anno della prima serie forniscano valori identici a quelli della seconda.
Ancora una volta, invece, ci si trova di fronte a qualcosa di inspiegabile. Nei sette anni considerati, risulta mancante solo il valore del 15 aprile 1992, per cui non vi è alcun problema nel calcolare i vari totali annui. L’altra serie, però, presenta soltanto i dati di tre annate, che oltretutto differiscono fortemente dai rispettivi della prima: un mistero! L’unica spiegazione plausibile è che il sistema contenga, per la medesima stazione, due dataset completamente diversi, fatto che sarebbe anche dimostrato dal numero dei giorni disponibili per gli anni dal 1994 al 1996. Insomma, un pasticcio davvero inestricabile.
In definitiva, un archivio come SCIA a cosa serve veramente? A mio giudizio, a ben poco, perché l’affidabilità dei suoi contenuti è bassissima. È forse utile all’Ispra, perché, avendolo creato, può vantarsi di aver colmato una grave lacuna. Basta però osservare quello che è reperibile in altri Paesi (si pensi, ad esempio, a MeteoSvizzera oppure al britannico MetOffice) per rendersi conto che i nostri problemi in campo climatologico non sono mutati, cioè continuano a rimanere giganteschi.