Una questione rilevante, affrontata però alla carlona
27 luglio 2022
Ieri i media hanno dato un certo spazio a un comunicato stampa di INPS e INAIL, nel quale si dice che le imprese possono richiedere la cassa integrazione per lavoratori che dovessero essere fermati a causa di condizioni di calore eccessivo, in rapporto alle attività praticate.
Con tali indicazioni si vuole ovviamente affrontare una questione assai importante, cioè quella dei rischi indotti dal calore afoso su persone che praticano lavori pesanti all’aperto. Si tratta di un argomento che in altri Paesi è stato già trattato da lungo tempo, elaborando precise normative. Nel caso in oggetto, la questione è invece affrontata in modo sostanzialmente casuale, dimostrando da un lato una bella incompetenza dei principi di base della bioclimatologia, e dall’altro il solo desiderio di seguire determinate spinte mediatiche.
Come avete potuto leggere sopra, viene indicata una soglia nei 35°. Quale primo approccio, potrebbe essere un valore in qualche modo sensato, perché rappresenta una temperatura oltre la quale si parla di giornata molto calda per qualunque regione geografica del nostro territorio. Purtroppo, viene però precisato che: «possono essere considerate idonee anche le temperature “percepite”». Sembra una specificazione utile e invece rende il tutto inapplicabile, almeno se si vuole essere un po’ seri. Cerco di chiarire sinteticamente le cose in gioco.
· La “temperatura percepita” è un concetto privo di senso. Ci sono formule (gli Indici di Calore) che forniscono una “temperatura apparente”, cioè un valore termico che, per livelli prefissati di altri parametri meteorologici (in primis l’umidità atmosferica), dovrebbe indurre nelle persone un grado di disagio pari a quello prodotto dalla situazione reale. Ogni modello può condurre a un risultato differente che ha un significato bioclimatico solo in relazione a quanto indicato dai suoi autori; è quindi insensato pensare che si possa definire una temperatura percepita che valga in assoluto.
· Nel documento di INPS e INAIL non c’è alcuna specificazione in merito alla “temperatura percepita”, per cui è evidente che gli estensori lo ritengano un concetto traducibile oggettivamente; è quindi ovvio che non sappiano nulla dell’argomento.
· Quasi tutti gli indici oggi utilizzati si rapportano a un grado di umidità molto basso, per cui forniscono una temperatura apparente sempre ben superiore a quella letta sul termometro. Se consideriamo ad esempio l’Indice Humidex (uno dei più noti anche in Italia), possiamo valutare che, nelle normali condizioni di umidità assoluta delle giornate di bel tempo nella stagione estiva, esso fornisca risultati di 4~5 unità in più rispetto alla temperatura, rendendo così inefficace quel limite di 35° del comunicato stampa. In effetti, è oltre i 39 che, per l’Humidex, si dovrebbe entrare nel campo del disconfort marcato.
· Un semplice esempio numerico per capirsi meglio. Oggi, 27 luglio, all’aeroporto di Pisa si è avuta una temperatura pomeridiana di circa 31° con un’umidità relativa del 45%. La massima è quindi quasi in linea con le medie di luglio e agosto dell’ultimo ventennio. Secondo il modello Umidex, la “temperatura percepita” risulterebbe intorno a 37, perciò ben oltre il limite di cui ieri si è parlato sui media. Condizioni nella norma che verrebbero così considerate oltre la soglia del pericolo; tutti in cassa integrazione? Sarebbe bene che le cose venissero predisposte con un minimo di serietà, altrimenti si ottiene solo di prendere in giro il pubblico.
Avrete capito che pure con la vicenda di cui vi ho accennato, ritorna un problema già molte volte sottolineato: la climatologia è sempre sotto i riflettori, ma ben pochi ne conoscono i (semplici) principi di base e quindi si seguono le mode dominanti senza arrivare mai a qualcosa di ragionevole.