Eventi estremi, pericoli incombenti, disastri apocalittici .... ma la Climatologia dov'è?

 

12 agosto 2021

 

 

 

Pochi giorni fa c’è stata la presentazione ufficiale dell’ultimo Report IPCC, col solito contorno di incredibile allarmismo per i danni che si starebbero già verificando a causa di sconvolgimenti del clima dovuti al riscaldamento globale.

 

La particolare enfasi delle dichiarazioni alla stampa è stata indotta anche dall’impatto emotivo di alcuni episodi recenti, con particolare riguardo ai gravi fatti alluvionali che hanno colpito Germania e Cina nello scorso mese di luglio. In effetti, a seguito del loro verificarsi, immancabilmente è partito il solito barnum di affermazioni sul clima impazzito, da parte di politici, di divulgatori e anche di esperti (o sedicenti tali); ad esempio, il ministro tedesco dell’interno Horst Seehofer ha subito dichiarato ai media: «nessuno può dubitare che questa catastrofe dipenda dal cambiamento climatico». Nessun organo di informazione ha, come ovvio, messo in discussione questa impostazione, ormai assunta in modo dogmatico; ad esempio, il Corriere della Sera – a firma di G. Caprara, che intervistava M. Pasqui del CNR – il giorno 16 ha titolato: “Eventi sempre più violenti. Ormai prevedere è impossibile”. Prima di affrontare una qualunque discussione in proposito, tengo a precisare i due seguenti punti:

 

·        Non ha senso dire “dipende dal cambiamento climatico”, perché quest’ultimo non è una sorta di malattia del pianeta (ovviamente causata dall’uomo), ma un concetto da esprimere i termini di mutamenti nel tempo di certi caratteri climatologici. Se la frase proviene da un esperto, la cosa è pertanto davvero penosa; in termini scientifici, si possono eventualmente cercare dei nessi causali fra le variazioni di certe grandezze e l’incremento delle temperature.

 

·        A prescindere da qualsiasi teoria si ritenga valida, un qualunque singolo evento meteorologico non può essere ritenuto come un prodotto diretto del global warming.

 

 

 

In tutto il bellissimo insieme di informazioni riguardanti cambiamenti drammatici, pericoli incombenti, catastrofi sempre crescenti fino a una possibile apocalisse ambientale c’è una sola assenza: la Climatologia. Non intendo quella costituita da teorie roboanti (quasi sempre a livello di ipotesi), bensì quella più semplice che si occupa di studiare i dati raccolti e di valutare l’andamento temporale dei vari fenomeni. A titolo d’esempio, pensiamo all’epidemia Covid con la quale ci stiamo confrontando dagli inizi del 2020; per rendersi conto del peso che ha avuto sulla nostra vita, è già sufficiente osservare un semplice grafico come quello sotto riportato, nel quale ho rappresentato gli eccessi di mortalità rispetto alle medie mensili del precedente quadriennio (dall’inizio della situazione di crisi, potete stimare che sono quasi 150 mila i decessi in più sulla norma per l’Italia).

 

Pongo allora una domanda al lettore: quando i media vi parlano di spettacolari aumenti di certi eventi meteorologici estremi, perché non vi mostrano dei simili diagrammi chiarificatori? La risposta è semplice: perché non esistono, a meno di creare delle serie prive di significato statistico o di inventare i dati. In sostanza, tantissime grida d’allarme non sono confortate dai numeri.

Penso sia allora opportuno, anche per i fatti alluvionali del mese scorso, lasciar perdere i dogmi del politicamente corretto e provare a adottare un approccio adeguato sul piano climatologico, consistente cioè nell’esaminare i dati disponibili e valutare come gli eventi in oggetto si collocano rispetto ad essi.

 

 

 

 

ALLUVIONE IN GERMANIA

 

Il 14 luglio la Germania è stata colpita da un’alluvione disastrosa che ha destato un’eco enorme, avendo causato centinaia di vittime. L’esame della carta delle precipitazioni sulla Germania (dal sito wetterzentrale.de), cumulate nelle 24 ore del giorno suddetto, mostra a occidente un’area di considerevole ampiezza contraddistinta da valori superiori ai 100 mm, un dato davvero molto elevato per le caratteristiche delle regioni interessate, dove sono sconosciuti certi estremi che si osservano nell’area mediterranea, anche con una relativa frequenza.

 

Si è trattato di un evento eccezionale? Una prima risposta può essere fornita dalle statistiche delle serie dei massimi giornalieri di due stazioni ove si sono registrati i valori più alti in assoluto: Köln-Stammhein (153,5 mm) e Kall-Sistig (144,8 mm). Nel primo caso il record in oggetto è 8,6 deviazioni standard sopra la media 1946-2020; nel secondo 8,0 sulla media 1947-2020.

 

Siamo quindi in presenza di eventi del tutto al di fuori della norma; non per questo essi sono però ascrivibili automaticamente al riscaldamento del clima.

 

 

Lo studio delle serie storiche evidenzia (senza alcun dubbio, in base all'osservazione dei sopra riportati grafici dei massimi giornalieri nell'anno), l’assenza di trend nei 75 anni precedenti all’alluvione, denotando quindi la mancanza di un qualsiasi segnale di un effetto indotto dal riscaldamento globale sull’entità di questi eventi nelle stazioni della Renania. Assegnare la causa dei dati record del 2021 al global warming appare perciò come qualcosa di sostanzialmente assiomatico; chi lo fa, almeno a mio parere, dovrebbe però spiegare in modo convincente come sia allora possibile che tutto il periodo caldo (orientativamente gli anni 1980-2020) non mostri differenze apprezzabili con la precedente fase fredda. Si tenga inoltre conto che, se la teoria della correlazione diretta temperature/intensità risultasse valida, ad essa, in ragione dell’aumento termico misurato, sarebbe attribuibile un incremento medio degli eventi estremi del 5-6% nell’ultimo secolo; si giustificherebbe così, almeno dal punto di vista statistico, solo una piccola parte dell’entità dei valori record del 14 luglio, riportati nei grafici.

 

Faccio presente che, oltre ai massimi giornalieri, sono stati studiati anche l’andamento della frequenza degli eventi intensi (n° dei giorni con oltre 20 mm) e quello del loro contributo percentuale al totale annuo, senza rilevare alcuna variazione significativa nel periodo coperto dalle serie.

 

 

Un evento mai accaduto in precedenza, come asserito da molti? No, i dati ci dicono che nel passato si è già verificato qualcosa di anche superiore. Sopra si può osservare la carta delle piogge in Germania del giorno 8 agosto 1978, nella quale risalta un’estesa area, questa volta nella parte nordorientale (cioè – si badi bene – in quelle regioni geografiche del territorio tedesco con i minori valori medi sia per la piovosità totale che per gli eventi estremi), con cumulati giornalieri di pioggia davvero rilevanti. Operando un confronto con la precedente carta del 14/07/2021, le zone interessate dalle due classi maggiori (quindi la 100-150 e soprattutto la >150, quasi inapprezzabile per l’episodio recente) appaiono molto più ampie per l’evento del 1978, a dimostrazione del fatto che condizioni del genere sono rare per la Germania, ma di certo non inusitate; si osservi inoltre la serie storica del massimo giornaliero per Francoforte sull'Oder. Questo raffronto serve anche a confermare come l’entità di un disastro dipenda, non solo dagli aspetti pluviometrici dell’evento, ma molto pure dalle caratteristiche morfologiche dei bacini interessati e dalla vulnerabilità delle aree urbanizzate che vi ricadono. Se il baricentro delle piogge del 1978 fosse stato nella Renania, è presumibile che anche allora avrebbe procurato una catastrofe gravissima, senza che fosse possibile chiamare in causa le solite storie del clima impazzito.

 

 

 

 

ALLUVIONE IN CINA

 

 

 

Il 20 luglio una grave alluvione ha riguardato la provincia di Henan, causando alcune decine di vittime. Sul capoluogo (Zhengzhou, una città di oltre 10 milioni di abitanti) le piogge hanno superato i 600 mm giornalieri con un dato orario massimo di 202, come ben evidenziato dal pluviogramma sotto riportato.

 

 

I media locali hanno parlato di “tempesta del millennio”, una definizione che ha subito fatto il giro del mondo, ben condita dai soliti discorsi sugli sconvolgimenti che il clima avrebbe subito. In questo caso, l’enfasi è stata posta sul fatto che il cumulato del giorno 20 era in pratica equivalente alla media annua del luogo (il WMO, in effetti assegna a Zhengzhou una piovosità di 645 mm), per cui quanto avvenuto non poteva che essere la prova di qualcosa di sconvolgente. Se però si cerca di ragionare in termini di climatologia invece che di un catastrofismo preconcetto, le cose appaiono in modo differente.

 

 

La regione di Henan ha una piovosità non molto elevata visto che si trova a centinaia di km dall’oceano; tuttavia la sua circolazione atmosferica può essere episodicamente influenzata dall’evoluzione dei cicloni tropicali che si muovono nel Pacifico occidentale. È avvenuto così nelle scorse settimane, quando l’azione del tifone In-Fa ha creato una situazione barica in grado di favorire per più giorni un forte flusso umido verso l’interno, causando in tal modo le piogge eccezionali già citate.

 

 

Una cosa mai vista in queste regioni? Pure in questo caso no, perché nell’agosto del 1975 era accaduto qualcosa di più violento; un episodio cui è dedicato un esaustivo articolo uscito nel 2017 sul Journal of Hydrometeorology (Yang L. et al.). In questo caso il tifone Nina, dopo il landfall sulle coste cinesi, mantenne ancora per giorni la sua energia, penetrando fino all’Henan dove scaricò enormi quantità di pioggia per tre giorni consecutivi; la tabella sotto riportata mostra alcuni dati significativi, permettendo di constatare che si sono superati i 1000 mm giornalieri e i 1600 in tre giorni consecutivi.

 

 

Sulla scorta di quanto visto, penso che la fantastica “pioggia del millennio” debba allora essere derubricata a una molto più banale “pioggia del cinquantennio”.

 

 

 

 

 

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

 

 

1 – Sia per la Germania che per la Cina, gli eventi del luglio scorso sono stati, in termini pluviometrici, di entità sicuramente eccezionale, ma comunque inferiore ad altri due, verificatisi rispettivamente nel 1978 e nel 1975, cioè nella parte finale dell’ultima fase fredda (o se si vuole fresca) del clima. Credo sia questa un’informazione di importanza tale da influire in modo decisivo sul giudizio dei fatti in oggetto, ma la cosa è passata sotto silenzio.

 

2 – La stessa Angela Merkel, visitando i luoghi del disastro nella Renania-Palatinato, ha subito rimarcato la necessità di un’azione politica più efficace per contrastare il cambiamento climatico, indicando in esso l’indubbia causa di quanto avvenuto. È un esempio, quanto mai significativo, di come i governanti (anche ai massimi livelli), quando si ritrovano a discutere in merito alle misure per la mitigazione dell’incremento termico del pianeta, in verità hanno in mente soltanto la realtà virtuale del clima impazzito; non è preccupante che si possano prendere importanti decisioni di poltica economica, partendo da un’impostazione simile?

 

3 – Infine, visto che stiamo parlando di alluvioni catastrofiche, un’ultima questione che merita di essere toccata è quella della vulnerabilità territoriale. Numerose fotografie reperibili in rete mostrano come nei luoghi del disastro renano molte abitazioni fossero costruite a bordo alveo, in posizione perciò di forte esposizione ad eventuali pericoli idraulici. La piena dei corsi d’acqua è stata senza dubbio violenta, ma lo spaventoso ammontare delle vittime credo sia stato in buona parte dovuto proprio a tale situazione. Questi temi sono stati pressoché ignorati dai media, a dimostrazione che il mito del cambiamento climatico finisce per distogliere l’attenzione da problemi che quasi sempre sono ben più rilevanti dal punto di vista della salvaguardia della società rispetto a certi tipi di rischio dei quali invece si parla spesso a sproposito.