Un'arida savana nelle campagne inglesi?
Pisa, 2 agosto 2018
Nei giorni scorsi il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo – a firma di Luigi Ippolito, corrispondente da Londra – riguardante le presunte condizioni meteorologiche apocalittiche, nelle quali si troverebbe l’Inghilterra durante la presente estate. I contenuti sono esaminabili anche in rete*, ma mi pare utile e divertente riportare almeno le parti salienti; per una immediata distinzione dai miei commenti, il lettore tenga conto che le frasi dell’articolo appaiono in verde. *(https://www.corriere.it/esteri/18_luglio_24/sempre-piu-caldola-verde-inghilterrae-diventata-gialla)
A partire dal titolo (Sempre più caldo, la verde Inghilterra è diventata gialla) le parole ed i toni lasciano poche discussioni: «Nelle chiese di campagna continuano a intonare Jerusalem, l’inno religioso nazionale, che si conclude con l'immagine dell’England’s green and pleasant Land, la terra verde e piacevole d’Inghilterra. Ma fuori c’è quella che gli agricoltori ormai chiamano “Sussex savannah”, la savana del Sussex: perché i prati di smeraldo hanno fatto posto a una distesa arida e desolata, di un colore giallo bruciacchiato. . . . . Sui giornali e in rete è gara a pubblicare immagini di come sono ridotte le campagne. Le più impressionanti sono quelle satellitari: se prima a nord della Manica si collocava una terra verde, ora c’è una macabra chiazza gialla. E dove si distendevano campi fertili adesso si allargano terreni crepati dalla calura». A corredo di queste agghiaccianti descrizioni, l’articolo riporta anche la sottostante figura. Si può solo sperare che non ci siano già stati dei turisti partiti per la Gran Bretagna con la speranza di vedervi girovagare antilopi e giraffe, perché credo che, nonostante tutto, sarebbero rimasti delusi.
Cosa ha causato un quadro così sconvolgente? La risposta è fin troppo semplice: il clima impazzito. Infatti il giornalista precisa: «Sì, perché le isole britanniche sono investite da un’ondata di calore come non si era mai vista prima: questa settimana la temperatura toccherà i 35 gradi e ci sono zone che non ricevono una goccia di pioggia da quasi due mesi. Se continua così, si andrà incontro all’estate più arida mai registrata dal 1776.». Quindi caldo e aridità su livelli davvero unici; ma è proprio così?
Per nostra fortuna, il servizio meteo-climatico britannico (MetOffice) fornisce le statistiche, dal 1910 ad oggi, di varie grandezze, aggiornandole di mese in mese; riferendosi a questi dati ufficiali*, non c’è quindi il pericolo di essere eventualmente accusati di malafede da qualche fiero paladino della religione dello sconvolgimento climatico in atto.
*(https://www.metoffice.gov.uk/climate/uk/summaries/datasets)
Temperature = Le medie 2018 per l’Inghilterra sono state di 15,8° e 18,8° rispettivamente per giugno e luglio. Si tratta di valori decisamente elevati, ma non record. Infatti, il mese di giugno si colloca al quarto posto dei più caldi, preceduto da quelli del 1976 (16,4°) e del 1940 e 2017 (entrambi con 15,9°); luglio è al secondo posto, essendo superato dai 19,3° del 2006. La media 2018 del bimestre (17,3°) è ovviamente fra le più alte del periodo di osservazione, ma anch’essa non record, in quanto inferiore ai 17,5° del 2006. In sostanza un’estate inglese di certo caldissima, ma sul livello di quelle di altre annate.
Precipitazioni = Gli afflussi medi giugno-luglio 2018 sull’Inghilterra ammontano a 50,7 mm. Questo dato dovrebbe riportare un po’ di serenità nei lettori del Corriere, visto che per trovare una siccità più marcata, invece di risalire al 1776, si possono per ora risparmiare un paio di secoli: i rispettivi valori giugno-luglio del 1976 e del 1921 sono pari infatti a 46,2 e 35,2 mm. Del tutto inutili eventuali discorsi concernenti i mesi precedenti, in quanto le piogge della primavera 2018 sono state ben al di sopra della norma.
In definitiva, come tante altre volte, degli eventi certamente molto rilevanti, ma che rientrano nella variabilità conosciuta dei fenomeni, sono comunicati come qualcosa di assolutamente eccezionale e del tutto superiore a quanto verificatosi in precedenza.
In doveroso ossequio alle verità ufficiali, l’articolo si conclude con una frase di alto significato (scientifico e morale): «e pensare che c’è chi ancora dubita del cambiamento climatico...». Senza dubbio una bella frase, alla quale però preferirei questa: «e pensare che fino ad una ventina d’anni fa si poteva ancora discutere di climatologia . . .»