Allerte Meteo: quando la "prevenzione" finisce per costare di più dell'eventuale danno
10 ottobre 2024
Tra sabato e lunedì scorsi si è assistito a un crescendo di informazioni allarmistiche in merito a una perturbazione che avrebbe interessato l’Italia centro-settentrionale nella giornata di martedì 8.
Ad esempio, sul sito web de La Nazione si poteva osservare questa immagine con i livelli di allerta meteo indicati dal servizio idrologico regionale. A commento della stessa, anche una frase di ridicolo ossequio all’idea della crisi climatica: «Tutta la costa e buona parte del resto della Toscana va (n.d.r. = “vanno” mi pare migliore) in arancione, un tipo di allerta che era piuttosto raro e che invece adesso si sta facendo sempre più frequente».
Queste allerte dovrebbero servire per predisporre i servizi di protezione civile ad attivarsi prontamente nel caso di situazioni problematiche in qualche parte del territorio; inoltre, dovrebbero essere accompagnate da informazioni alla popolazione, atte a non far incorrere in comportamenti potenzialmente pericolosi, ma chiarendo al contempo il grado di forte incertezza di certe previsioni ed evitando inutili toni sensazionalistici.
Purtroppo, all’emanazione di un’allerta meteo, è ormai consuetudine che ad essa seguano delle azioni dettate dal politicamente corretto invece che dalla logica; la chiusura delle scuole ne è diventato l’esempio simbolo. Solo tra Liguria e Toscana, nello scorso martedì 8 oltre 100 Comuni hanno preso tale iniziativa, compresi quelli delle città di Genova, La Spezia, Massa-Carrara, Livorno e Grosseto. Trattandosi appunto di una questione ormai politicamente corretta, la decisione non è stata oggetto di commenti sui media né prima né dopo la giornata in oggetto, per cui l’argomento di una valutazione del rapporto costi/benefici delle iniziative di prevenzione, come sempre, non è stato nemmeno sfiorato.
Nel presente caso, almeno per le due regioni sopra citate, le chiusure si sono rivelate ovunque inutili, perché quel mostro meteorologico, che era stato annunciato fino al giorno prima con un martellante catastrofismo mediatico, si è rivelato nella realtà un mostriciattolo piuttosto bonario.
In Liguria, i cumulati di pioggia sono stati molto rilevanti solo in una ristretta area centrale prossima allo spartiacque. A Genova c’è stato un temporale nella notte conclusosi verso le ore 3; dopo di esso poco o nulla.
In Toscana poi non si è andati oltre i 30 mm in quasi il 90% del territorio e solo in pochissime stazioni settentrionali si sono sfiorati i 100. Livorno – con scuole chiuse – ha ricevuto una pioggia non proprio monsonica di 11 mm. In questa città, dopo i tragici eventi del settembre 2017, sembra che ogni perturbazione in arrivo sia considerata pericolosa come un uragano. Nella vicinissima Pisa e in tutto il suo circondario le scuole sono rimaste tranquillamente aperte; una differenza sulla quale nessuno ha pensato di soffermarsi adeguatamente. I cartogrammi e i grafici che seguono servono a chiarire il quadro pluviometrico ora sinteticamente descritto.
Il caso di martedì 8 – si badi bene – non deve comunque essere inteso come qualcosa di particolare, in quanto una netta dissonanza fra rischio reale e azioni preventive intraprese pare delinearsi in tantissime occasioni. Per rendere più chiaro il discorso, torno a ripetere queste considerazioni già fatte in precedenti articoli del sito:
· Le regioni mediterranee e in particolare quelle settentrionali (Francia del sud, Liguria e Toscana del nord) hanno un clima caratterizzato anche da un’elevata pericolosità per piogge intense – sia come frequenza che come entità – per cui sono spesso soggette al verificarsi di fenomeni estremi.
· In tali regioni, ogni perturbazione autunnale ha un’alta probabilità di essere accompagnata da eventi di forte intensità; eventi che, salvo casi proprio eccezionali, riguardano aree molto circoscritte rispetto all’estensione del territorio interessato dalle allerte.
· Anche il giorno prima dell’arrivo della perturbazione, non è però possibile sapere dove si avranno le piogge più forti e se saranno così intense da poter creare dei reali pericoli.
Il punto essenziale della questione delle allerte meteo è che nessuno si preoccupa di valutare i costi sociali complessivi di certe decisioni. Si tratta di costi “poco visibili” per l’opinione pubblica e perciò non percepiti come tali, indipendentemente dal loro ammontare. La semplice foto di una strada allagata trasmette invece il messaggio di un danno grave, anche se quasi sempre esso risulta essere di ordini di grandezza inferiore ai suddetti costi sociali derivanti dallo stop imposto a varie attività.