Per capire che la "crisi climatica" è una bufala basterebbero delle verifiche alla portata di tutti

17 novembre 2020

 

 

 

In merito alle verifiche sui cambiamenti climatici recenti, continua a persistere una situazione di equivocità che finisce per generare la realtà virtuale della “crisi climatica”. Con la presente nota proverò a fare chiarezza su questo problema.

 

Per definire scientificamente quali eventuali mutamenti del clima siano avvenuti, è necessario fare uno studio di serie storiche, che prevede queste fasi:

 

  • reperire i dati negli archivi;
  • valutare la qualità dei dati che si utilizzeranno;
  • effettuare dei test statistici adeguati;
  • considerare i livelli di confidenza dei risultati ottenuti;
  • provare a interpretare climatologicamente i risultati (valutare se si è probabilmente in presenza di trend di lungo periodo, oppure di fasi cicliche ecc.).

 

Tutto ciò richiede delle competenze e un po’ di pratica, per cui è logico che una persona non sufficientemente esperta non sia in grado di condurre uno studio, secondo la procedura ora schematizzata.

 

 

L’idea che il mondo stia già vivendo una grave crisi climatica, poggia sul fatto che si siano manifestate delle modificazioni così ampie da avere dei gravi riflessi su tante attività umane. In sostanza vari tipi di eventi meteorologici estremi sarebbero talmente aumentati, per entità e frequenza, da causare danni sempre più gravi; un quadro che però è FALSO.

 

Siamo allora arrivati al punto centrale della nostra breve discussione. Confermare la veridicità di tale affermazione non richiede uno studio del tipo di quelli sopra ricordati, ma è alla portata di chiunque, purché sia stufo di ingoiare tutte le solite balle mediatiche e voglia pertanto fare un semplice controllo con la propria testa.

 

Supponiamo, in proposito, che un giornalista decida di scrivere un articolo sul presunto aumento delle piogge intense (quelle oggi individuate col termine idiota di bombe d’acqua), cercando di farsi un’idea non preconcetta sulla situazione. Gli sarà facile apprendere che l’archivio dati europeo più ampio è quello del programma ECA&D, cui corrisponde un sito web di libero accesso e di facilissimo uso. Entrando allora nel sito e cliccando sulla sezione indices of extremes, gli si aprirà una finestra di dialogo, ove scegliere le località e gli indicatori di interesse e quindi scaricare i grafici delle serie storiche delle grandezze desiderate. Anche partendo da un’iniziale completa mancanza di informazioni, in non più di un paio d’ore il nostro giornalista disporrà così di tutto il materiale utile alla sua valutazione. Se, ad esempio, voleva concentrarsi sull’entità degli eventi, avrà ricavato le serie dei massimi annui di pioggia in 1 giorno e in 5 giorni consecutivi; le figure che seguono sono quelle che otterrebbe per le stazioni di Milano, Ferrara, Verona, Genova, Bologna, Roma (Col. Romano), Alghero e Palermo. In alcuni casi si potrà trattare di serie costruite con dati di qualità non troppo elevata, ma comunque idonee per inquadrare gli ordini di grandezza delle questioni in gioco.

 

A questo punto – si badi bene – per lo scopo da raggiungere non è affatto necessario avere delle conoscenze di climatologia e/o saper fare dei test statistici, ma bisogna soltanto osservare attentamente i diagrammi e quindi porsi la domanda: «ciò che osservo mi suggerisce l’idea che il clima sia impazzito?».

 

Credo che ognuno risponderebbe: «ovviamente NO» (in caso contrario, è meglio lasciar perdere i cambiamenti climatici e dedicarsi al genere fantasy). È tutto maledettamente semplice, eppure sarebbe sufficiente a far sgonfiare la bolla della catastrofe climatica. Purtroppo ciò non avviene mai; la discussione sui motivi (sociologici, politici, economici ecc.) la lascio ad altri.