Errare humanum est, perseverare autem DIABOLICUM

 

 

18 settembre 2021

 

 

 

Ho scaricato dalla rete l’edizione 2021 dell’atlante WMO riguardante i danni causati da eventi meteorologici estremi. In passato avevo commentato la prima versione (2014), rilevandone una serie di formidabili assurdità; ero quindi curioso di appurare se fossero stati apportati dei miglioramenti. Come primo passo, sono andato subito a controllare la tabella dell’Europa e a confrontarla con la precedente; le riporto di seguito.

 

 

 

 

Nulla è cambiato nell’impostazione. I decessi relativi alle temperature estreme vengono ancora considerati alla stessa stregua di quelli causati da eventi quali uragani, alluvioni ecc. Si tratta di cosa fuori luogo perché nel primo caso è possibile solo stimare una sovramortalità rispetto ad un valore statisticamente atteso, mentre nei secondi si può fare una vera conta delle vittime. Per capirsi, si può parlare di persone uccise da un’alluvione, ma è sbagliato farlo per le ondate di caldo o freddo, perché il loro manifestarsi accentua delle situazioni già in atto, mentre procura direttamente solo una piccola quantità di decessi.

 

Venendo all'esame specifico delle due tabelle, potete notare che sono perfettamente uguali, fatta eccezione dell’inserimento al 6° posto della Francia per le temperature estreme del 2015. Incuriosito da ciò, ho controllato su Eurostat i dati dei decessi mensili, appurando che il mese da valutare era quello di luglio (mortalità da ondata di caldo); si osservi il grafico, nel quale i numeri indicano la differenza fra i decessi del 2015 e la mediana dei quattro anni precedenti:

 

 

 

 

È del tutto evidente come le vere anomalie abbiano riguardato la Germania e soprattutto Italia e Spagna, per le quali il dato del 2015 si stacca bruscamente dai precedenti. Nell’Atlante è però citata solo la Francia, nonostante che essa abbia l’escursione nettamente minore fra i quattro grandi paesi; per quale motivo? Perché evidentemente nessuno ha mai studiato i dati e si è voluto inserire un valore trovato chissà dove, onde diversificare un minimo le due tabelle.

 

La definizione “extreme temperature” concerne (in teoria) sia il freddo che il caldo, ma i casi riportati riguardano solo il secondo. Oltretutto, sono tutti eventi degli anni Duemila; ci si chiede allora: in precedenza non ci sono state delle ondate di calore significative? La risposta è, ovviamente, sì, ma sono state ignorate. Basti pensare a quella (notissima a chiunque si occupi di bioclimatologia) che nel luglio 1983 interessò parte del Mediterraneo, causando un eccesso di morti valutabile in 12500 per l’Italia e 5200 per la Francia; numeri sufficienti a garantire un posto nei primi 5-6 della demenziale classifica “Top ten disasters” dell’atlante in oggetto. È sicuro che i dati del passato non sono stati nemmeno cercati, in quanto l’obiettivo era quello di presentare solo episodi recenti, onde convincere l’opinione pubblica che il clima, negli ultimi decenni, stia procurando drammatici danni alla popolazione.

Veniamo ora al punto centrale del mio commento, cioè alle ondate di freddo, argomento che non appare mai sull’atlante. Asserire che questo sia giustificato dal fatto che esse siano praticamente scomparse dopo il 1970, farebbe ridere chiunque abbia un minimo di conoscenze climatologiche ed infatti è ovviamente così anche per il WMO che, ad esempio, ha pubblicato uno studio sull’evento del febbraio 2012 (mese che molti di voi ricorderanno per le estese nevicate pure su gran parte dell’Italia):

 

 

 

 

Sapendo trattarsi di un evento di freddo climatologicamente rilevante, non credo sia quindi difficile pensare all’opportunità di verificare i dati dei decessi di tale mese; di sotto il diagramma relativo a Spagna, Italia e Francia, che, analogamente a prima, contiene anche le differenze fra il valore del 2012 e la mediana di quelli delle quattro annate precedenti. Fortissimi eccessi di mortalità “sfuggiti” all’analisi dei nostri amici del WMO.

 

 

 

Un episodio ancor più marcato si è, ad esempio, verificato nel 2018, interessando particolarmente la Germania, come ben apprezzabile dai successivi grafici delle temperature minime a Berlino e della mortalità in marzo. Con 23800 morti in più sul dato atteso occuperebbe addirittura il secondo posto nella fatidica tabella, ma purtroppo, anche questo è “sfuggito” all’analisi.

 

 

 

A chiunque si chiede come sia possibile che numeri del genere vengano trascurati, rispondo tranquillamente così: perché nei documenti esaminati non si parla affatto di scienza, essendo in realtà degli strumenti propagandistici volti a creare una vergognosa messa in scena, così da irrobustire il mito del clima impazzito.

 

La prefazione all’atlante – onde essere chiari – è redatta e firmata da Petteri Taalas, il Segretario Generale del WMO. Possiamo allora capire quale sia l’attendibilità di certe dichiarazioni che vari personaggi di massimo prestigio rilasciano in occasione delle grandi riunioni internazionali (vedi le innumerevoli COP), dichiarazioni che i media e i politici assumono a guisa di Mosè con le Tavole del Monte Sinai.